Cultura

Curdi, l’ira dei vescovi

Da Foggia a Crotone, da Otranto a Caserta, i titolari delle diocesi del Meridione tuonano: «Non vogliamo continuare a essere le stampelle dello Stato». E monsignor Riboldi rilancia: «Se il governo non

di Cristina Giudici

Possono sbucare dal mare, da una stradina di campagna, da uno dei tanti buchi delle nostre frontiere, dai Tir che attraversano i valichi. Non c?è scampo. La lunga onda dei curdi forse non finirà mai. Perché sono milioni i curdi perseguitati, perché il traffico dei clandestini frutta forse più di quello dell?eroina. Perché i Paesi membri del patto di Schengen litigano, ma non sanno che fare, e perché la prossima volta i profughi avranno nazionalità o colore della pelle, provenienze e destinazioni, ma sempre un buon motivo per aver lasciato il loro Paese. Così, fra leggi che non ci sono e caos delle istituzioni, la formula ?emergenza immigrazione? ha ormai il sapore di presa in giro. I vescovi del Sud però non ci stanno. Dal ?91, con un silenzioso esercito di volontari, si sono inventati i centri di accoglienza e riservare una dignitosa attenzione ai profughi della fame, della persecuzione e della speranza. E oggi si ribellano. Consegnando a ?Vita? la loro protesta. «Non vogliamo essere la stampella dello Stato», denuncia il vescovo di Foggia, Giuseppe Casale. «Il governo deve riconoscere che da solo non ce la fa e deve quindi instaurare un dialogo paritario con i volontari che garantiscono l?accoglienza a tutti i profughi. Noi veniamo sempre chiamati all?ultimo minuto, quando le navi stanno per attraccare e bisogna sostituirsi alle istituzioni. Quando sono arrivati gli albanesi abbiamo aperto i centri, lavorando per dar loro un?ipotesi di futuro. Poi, da un giorno all?altro, l?ordine dalle questure: ?Cacciateli?, ci hanno detto, e tutto è andato in fumo. Non vogliamo più essere i braccianti del governo. Ad andarci di mezzo sono persone che devono ricevere un trattamento umano». Così a Foggia e così in Calabria, dove sono stati accolti nelle ultime due settimane 500 curdi e dove il vescovo di Crotone, monsignor Giuseppe Agostino, ci dice: «Da noi la gente ha spalancato le porte delle case agli immigrati, ma intanto continuiamo a tamponare, senza poter mai programmare un intervento sensato. È vero, forse fra poveri ci si capisce meglio e così i Comuni e i volontari della Caritas sono corsi a offrire il loro aiuto; ma se lo Stato, oltre a pensare a come riorganizzare i mercati, pensasse qualche volta anche agli uomini…». Dalla Calabria alla Campania, ad Acerra, dove monsignor Antonio Riboldi lancia un monito alle istituzioni: «Non abusate della Chiesa e, se non siete capaci di far fronte alla situazione, fatevi da parte e cedete il passo a chi fa dell?accoglienza un principio irrinunciabile. Ma se proprio volete fare di testa vostra, allora requisite alberghi, senza abusare della Chiesa del Sud che si fa onore per la sua generosità, ma ha le tasche vuote. Gli uomini del Sud d?Italia che accolgono uomini del Sud del mondo rappresentano una bellissima parabola evangelica, ma la realtà esige strutture, organizzazione e leggi». Critiche anche dai volontari che hanno fatto tutto il possibile, e forse anche di più, al porto di Otranto durante gli sbarchi: «Quando sono sbarcati i passeggeri della nave Cometa, eravamo tutti molti imbarazzati», dice don Giuseppe Colavero, presidente della Caritas di Otranto. «Ad accoglierli c?erano soprattutto le telecamere; le visite mediche venivano fatte frettolosamente davanti agli occhi di tutti, senza neppure lasciare che questi uomini e donne si cambiassero i vestiti inzuppati. Abbiamo messo a disposizione i nostri centri di Otranto, ma si è preferito portare i profughi in un unico posto per controllarli meglio, non so se mi capisce. La polizia è più allenata rispetto agli anni scorsi, i camion sono già lì pronti ad aspettare le navi al molo, ma non esiste un centro, né un pronto soccorso, niente…». Perentorie anche le parole dell?arcivescovo di Otranto, Francesco Cacucci. «Accuso le istituzioni perché sono colpevoli di disattenzione nei confronti del Sud. È dal 1991 che aspettiamo un centro di accoglienza degno di questo nome. I flussi migratori sono stabili e non esiste un?emergenza immigrazione. Certo, quando ad arrivare sono in tanti, le questure ci chiedono aiuto, ma passata la paura dimenticano che ogni giorno il mare lascia qui qualcuno». Ma è il vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro, a trarre le conseguenze morali di tutti i disagi e a lanciare un appello: «La Chiesa deve difendere chi va in cerca di pane e di speranza e ha il dovere di denunciare le strutture dello Stato insufficienti, sia sotto il profilo giuridico che logistico. E anche quando la legge verrà approvata, la situazione non cambierà perché avere un permesso di soggiorno regolare sarà quasi impossibile. I flussi migratori sono come le onde dell?oceano, nessuno può fermarle. Nella nostra diocesi ospitiamo 11 mila clandestini e l?impegno del volontariato è spesso ostacolato dall?intervento delle forze dell?ordine che obbediscono a direttive spesso assurde. Lancio un appello a tutte le Chiese d?Italia perché si mettano a disposizione di questi uomini e queste donne che stanno arrivando in cerca della speranza». ?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA